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Via D’Amelio, Riina: “Fu strage di Stato”

<p>Totò Riina</p>

Totò Riina

Via D’Amelio, Riina: “Fu strage di stato”.

Totò Riina, boss mafioso, torna a farsi sentire dal carcere, nell’anniversario della morte di Paolo Borsellino, il giudice fatto saltare in aria il 19 luglio 1992.

Riina dichiara che sarebbero stati personaggi legati alle istituzioni a eliminare il magistrato, quella mattina di 17 anni fa, in via D’Amelio.

“Nell’ambito della rivisitazione giudiziariainvestigativa in corso attualmente dei fatti di strage del 19/7/92 … il signor Riina ha inteso mio tramite rappresentare… il suo avviso per il quale l’attentato in danno del dottor Borsellino è opera di personaggi legati alle istituzioni”, spiega in una nota l’avvocato delboss, Luca Cianferoni.

Riina si è detto stanco di essere “il parafulmine d’Italia”. Detenuto dal ’93 e sottoposto al regime del 41 bis per una serie di crimini, tra cui le stragi di Capaci e via D’Amelio, il boss mafioso si già pronunciato il 18 gennaio scorso sull’attentato a Borsellino. Per la prima volta aveva parlato dell’assassinio del giudice definendolo “strage di Stato”.

La procura di Caltanissetta sta indagando sull’ipotesi di depistaggi che avrebbero portato alle sentenze per cui Riina è stato condannato. Un nuovo fascicolo aperto non solo sulla base delle dichiarazioni del capomafia, ma anche di un pentito, Gaspare Spatuzza, che aveva parlato anche lui di mandanti politici occulti. Contraddicendo il quadro fornito in precedenza da altri collaboratori di giustizia, come Vincenzo Scarantino.

Riina, per bocca del suo avvocato, si è anche detto estraneo a una trattativa tra Stato e mafia per porre fine alle stragi del ’93. Come quelle di via dei Gergofili a Firenze, di via Palestro a Milano, e del quartiere Parioli, dove un’autobomba esplose al passaggio dell’automobile di Maurizio Costanzo.

Una strategia intimidatoria che sarebbe servita alla mafia per tenere in pugno il governo. Se quest’ultimo avesse ceduto alle richieste dei mafiosi, gli attentati sarebbero finiti. Una trattativa in piena regola, testimoniata da unfoglio di carta, meglio conosciuto come “papello”, nel quale i boss avevano annotato tutte le loro pretese.

“Il signor Riina non solo smentisce categoricamente il fatto, ma intende fare presente che già diversi anni fa era stata la stessa sua difesa a chiedere che venisse esaminato in aula il signor Massimo Ciancimino, senza però otteneretale prova”.

Ciancimino junior, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, ha promesso alcuni giorni fa che consegnerà ai magistrati il famoso “papello”. “Stavolta ve lo porterò davvero, stavolta non faccio bluff» ha detto.