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Il corsivo di Bruno

La sentenza della D’Addario

<p>Severo Bruno</p>

Severo Bruno

Lo confesso, tra i sette milioni che hanno assistito alle performances della signorina D’Addario e di Santoro, c’ero anche io, e devo dire di aver trovato molti motivi di interesse nella trasmissione, umani e politici.

Ho provato molta comprensione per la D’Addario, restata sola a difendere la sua dignità dinanzi ad attacchi fuori misura e sopra le righe, a lei e alla sua famiglia, mossi da chi si arrogava abusivamente, in quel momento, il diritto di giudicare.

Quanto all’interesse politico, si è trattato dell’effetto sortito dalla strategia attuata dal direttore Belpietro, il quale, dopo aver investito la D’Addario con accuse o sospettti di ricatto, ha impedito al sindaco di Bari di parlare e di farsi così ascoltare dagli spettatori.

La sovrapposizione della sua voce tonante su quella degli interlocutori, è un modo che più volte ho notato nel direttore Belpietro, tanto da indurmi, ogni volta che lo incontro sullo schermo in qualche dibattito televisivo, a cambiar canale senza indugi.

Peccato, perché si tratta di un parlatore attento ed acuto che farebbe anche piacere ascoltare, se fosse meno impulsivo o intemperante.

Da un punto di vista dello spettacolo, la situazione è restata inchiodata sulla immagine della D’Addario, eloquente anche quando restava in silenzio, mentre sia Belpietro, sia il vice direttore del Giornale, sembravano in affanno nello sforzo di far divergere e cambiare l’oggetto della conversazione.

Quando ha parlato, la D’Addario ha detto cose interessanti, anche gravi, come quando ha affermato che il premier sapeva quale lavoro lei e le altre facessero, cioè le escort.

Se non sbaglio, è la prima volta che questo dato salta fuori.

Ma a parte l’aspetto psicologico delle condotte dei personaggi coinvolti che tale dettaglio fornisce, utile per inquadrare la situazione delle diciotto serate organizzate dal Tarantini per il premier, quello che più interessa ora, è l’aspetto giudiziario che tale particolare potrebbe introdurre nel dibattito.

Infatti, chi avrebbe organizzato le feste, chi avrebbe invitato le escort, con tanto di tubino nero, chi avrebbe dato loro l’opportunità di esercitare il loro antico mestiere con lauto guadagno, agevolandole e favorendole?

Perciò, con la sua calma, in silenzio o in mezzo a crisi di commozione, la D’Addario avrebbe distrutto con una sola battuta la costruzione difensiva dello “utilizzatore finale”.

Sembra incredibile, ma la parola di una donna, sia pure in tubino nero, sia pure con foto e registrazioni, potrebbe davvero avere tanta importanza?

E’ vero che nel gennaio del 2002, nel corso di un incontro con don Benzi accompagnato da due schiave del sesso tolte alla strada, il premier ebbe a dichiarare, dopo aver consegnato alle due sventurate una busta ciascuna con 5mila euro, “Mi occuperò io di lotta alla prostituzione”, ma può bastare una dichiarazione, sia pure perentoria, a comprovare la sua pretesa estraneità a fatti ricorrenti avvenuti a casa sua?

Sì, effettivamente si è trattato di una trasmissione interessante, anche se non è stato un bello spettacolo.

Severo Bruno

6 ottobre, 2009 - 12.45