Invia questo articolo Stampa questo articolo
Condividi: Queste icone linkano i siti di social bookmarking sui quali i lettori possono condividere e trovare nuove pagine web.
  • Webnews
  • Digg
  • del.icio.us
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • LinkedIn
  • Live-MSN
  • MySpace
  • OKnotizie
  • Technorati
  • YahooMyWeb
  • TwitThis
Istruzione - La nuova faccia dell'università italiana secondo la riforma Gelmini

Meritocrazia e stop ai baronati

<p> Mariastella Gelmini</p>

Mariastella Gelmini

“Un provvedimento organico, che affronta in maniera seria e coraggiosa i problemi dell’università italiana, per dare maggiore peso a un’istituzione fondamentale del paese e anche per rispondere alla crisi”.

È una sfida quella lanciata dal ministro Mariastella Gelmini con la riforma dell’università, che mira a risollevare il sistema italiano da anni in fondo a tutte le classifiche internazionali.
Due i concetti fondamentali della riforma, cioè autonomia e responsabilità. L’università dovrà essere governata con criteri meritocratici e in modo trasparente. Stop ai finanziamenti elargiti, a prescindere da qualsiasi risultato.

E basta pure con i baronati e le dinastie universitarie, con le cattedre che passano di padre in figlio. Il Consiglio dei ministri ha varato ieri il pacchetto di interventi messi a punto dalla Gelmini: un ddl che arriva in Parlamento non blindato, ma con la disponibilità del governo al confronto in aula. Comunque il ddl ha già incassato il parere positivo del Crui, la conferenza dei rettori, che ha definito la riforma “un’occasione fondamentale e irripetibile per chi ha a cuore il recupero e il rilancio dell’università italiana”.

La Gelmini, affiancata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ha annunciato “tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario”. Chi va in rosso sarà automaticamente commissariato. Tutti gli atenei dovranno avere bilanci in ordine e a chi gestirà i fondi in modo non trasparente verranno tagliati finanziamenti mentre verranno premiati gli atenei virtuosi. I docenti avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a lezione.

Per la prima volta viene stabilito un riferimento per l’impegno dei professori: 1500 ore annue di cui almeno 350 destinate alla docenza e al ricevimento degli studenti. Niente più scatti automatici: se non si pubblicano lavori di interesse internazionale si resta fermi al palo anche economicamente.

Il cda sarà composto al 40 per cento da membri esterni. Sarà prevista una presenza qualificata di studenti negli organi di governo che avranno anche il compito di valutare il funzionamento degli atenei e il lavoro dei professori. Il giudizio degli studenti peserà sulla valutazione finale e dunque sull’attribuzione dei fondi da parte del ministero.
Dimezzati i settori scientifico-disciplinari che oggi sono 370, mentre le facoltà potranno essere al massimo dodici per ateneo.

29 ottobre, 2009 - 11.30