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L’ipnosi come cura per lo stress

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A me gli occhi!

Mandrake, l’eroe buono, fissava il delinquente di turno che, ipnotizzato, rimaneva immobile come impietrito.

E come sempre, almeno nelle favole e nei fumetti, il bene vinceva sul male. Questo personaggio dei fumetti nacque in America, negli anni ’30 del secolo scorso, dalla creatività di Lee Falk e Phil Davis, ed ha accompagnato intere generazioni di adolescenti suscitando, su di esse, un grande fascino.

Attualmente c’è un libro che sta ottenendo un grande successo, è uscito in Italia nel 2010 e s’intitola l’ipnotista. E’ un giallo, edito da Longanesi che in soli due mesi, in Svezia, ha venduto oltre 100mila copie. I diritti di pubblicazione sono stati venduti in 30 Paesi, Italia compresa, trasformandolo in un caso editoriale con pochi precedenti.

L’autore Lars Kepler non è altro che lo pseudonimo dietro al quale si nascondevano i coniugi Alexander Ahndoril e Alexandra Coehlo, scrittori di professione Svedesi che da poco hanno rivelato il mistero sull’anonimato che aveva accompagnato il lancio pubblicitario della pubblicazione.

L’ipnosi, affascinante e controversa tecnica, anche se attraverso un libro giallo, ancora una volta torna alla ribalta. Per me è stata sempre materia di studio tant’è che mi laureai in psicologia con la seguente tesi: “Verso un’ipnosi junghiana” relatore il compianto, Prof. Aldo Carotenuto.

Traggo un passaggio, a mio avviso significativo, dall’introduzione della tesi: “la storia della psicoanalisi affonda le sue radici nell’ipnosi. Sebbene in teoria l’ipnosi sia stata abbandonata da Freud e da Jung, sembra che in realtà essa non sia mai morta, nonostante i certificati di decesso siano stati stilati dai due padri della psicoanalisi e da quasi tutti i discendenti delle due scuole.

L’ipnosi sopravvive non tanto quanto entità a sé stante, diversa dalla psicoanalisi; essa sembra inscindibile dalla psicoterapia, anche se gli psicoanalisti continuamente la negano o, quel che è peggio la rimuovono, mettendola al bando. Molti autori, hanno rivalutato, ognuno a suo modo, l’esistenza, l’uso e il valore dell’ipnosi, senza rimuovere l’importanza della Psicoanalisi”.

Nella mitologia greca, Hipnos era figlio della notte, e padre di Morfeo, il Dio dei sogni. Sorella di Hipnos era Thanatos, la morte, ed insieme regnavano negli inferi. Hipnos aveva il compito di alleviare le pene dei poveri abitanti delle tenebre, donando alle anime un riposo dolce, l’oblio, e di sollevare le loro sofferenze col tocco della sua bacchetta.

Verso la metà del ‘700 l’ipnosi fu conosciuta dalle grandi masse ad opera del medico tedesco Franz Anton Mesmer. Quest’ultimo dinanzi ad una commissione d’inchiesta praticò quello che lui stesso chiamava “magnetismo animale” suscitando la comparsa e la successiva scomparsa di vari sintomi, comprese le convulsioni. Secondo Mesmer un soggetto poteva trasmettere ad un altro magnetismo benefico.

Da un punto di vista fisiologico ipnotizzare significa esercitare su una persona un ascendente che lo suggestiona. La forza dell’ipnotista necessità dell’inconscia complicità dell’ipnotizzato. Fondamentalmente l’ipnosi è un forte restringimento del campo dell’attenzione, dove le percezioni corporee si modificano e si potenzia la capacità immaginativa.

Alcuni studi fisiologici hanno evidenziato le modificazioni misurabili che avvengono durante l’ipnosi: si osserva una riduzione del ritmo respiratorio e un rallentamento del battito cardiaco, cala inoltre la pressione sanguigna. Inoltre aumentano i linfociti nel sangue, importantissimi per le difese immunitarie e che sotto stress di solito diminuiscono.

Un forte sovraccarico psichico può condurre, attraverso l’eccitazione del sistema simpatico, ad alterazioni patologiche: le cosiddette malattie psicosomatiche che colpiscono prevalentemente il corpo attraverso ulcere gastriche e ipertensione.

L’ipnosi inibisce l’eccitazione del sistema simpatico producendo nell’organismo quelle modificazioni di calma e riposo antagoniste a quelle di stress. Con l’ipnosi è possibile trattare alcune allergie in particolare quelle della pelle come dermatiti o psoriasi. In questo caso l’ipnosi agisce abbassando il livello degli ormoni dello stress, i quali, a loro volta, agiscono sui globuli bianchi che sono in stretta connessione con le reazioni allergiche.

Per mezzo del principio del restringimento del campo dell’attenzione ma anche per sorta di amplificazione è possibile, tramite questa prodigiosa tecnica, ricordare cose che apparivano perse, smettere di fumare, curare l’insonnia e cogliere gli aspetti più creativi della personalità, o anche modificare atteggiamenti che, attraverso la mobilitazione delle risorse dell’interessato, produco effetti nuovi come la presa di coscienza e una trasformazione in meglio dell’immagine di sé.
A tal proposito, esiste una scuola di pensiero che è riuscita a restituire alla tecnica ipnotica quella teoria di cui aveva bisogno per diventare psicoterapia.
I maggiori contributi all’affermazione di questa disciplina ci provengono dal nutrito numero di psicologi tra i quali Milton Erikson, Ernest Rossi, Lèon Chertok e James Hall. Quest’ultimo autore di un’interessante intuizione ha permesso di associare la tecnica ipnotica ad una delle teorie psicologiche più interessanti: la psicologia analitica di Carl Gustav Jung.

Il grande psicologi svizzero trovò in alcuni lavori dell’alchimia medioevale il vocabolario e l’immaginario della psicologia del profondo. Una delle istruzioni più ripetute dagli alchimisti era “solve et coagula” (sciogliere e coagulare). Questa istruzione doveva essere applicata alla materia prima, quella originaria non preziosa, proprio per creare da essa la cosa di valore più grande. La pietra filosofale capace di guarire tutte le malattie e di trasformare i metalli più bassi in oro.

Considerato in termini psicologici e non letteralmente solve et coagula è un promemoria utile nei processi che stiamo discutendo per applicare i principi junghiani all’ipnoterapia: sciogliere e scoprire che il modo abituale di vedere le cose, soprattutto la propria immagine di sé, è inadeguato e deve essere risolto, messo in una forma più fluida e meno rigida. Molto di quello che sembra realtà su se stessi è risultato dell’identificazione con alcuni complessi.

Sia i complessi che l’identificazione con essi non è uno stato necessario e permanente ma, a volte, è difficile liberarsene poiché modificare la propria immagine di sé, anche se in maniera positiva, può essere causa di grande ansietà. I complessi sono le unità di base della psiche e sono in sostanza neutri, ma possono funzionare in modo patologico quando non sono ben integrati con la struttura dell’Io (fulcro della coscienza è ciò a cui ci riferiamo quando pronunciamo i pronomi “Io” e “Me”).

L’Io è l’organizzatore cosciente di tutte le attività, pensieri, sentimenti, sensazioni, ed è la spia dell’identità personale.
Attraverso l’ipnosi, ovviamente praticata da professionisti, è possibile creare complessi artificiali indotti e allo stesso modo dissolvere quelli che già esistono.

Angelo Russo