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L'opinione di un candido democristiano

Secessioni ciociare e risposte banali

di Renzo Trappolini
<p>Renzo Trappolini</p>

Renzo Trappolini

Non basterà una qualche frase – ammesso che ci sia – del presidente Meroi nel programma della sua giunta sul tema non secondario di come la Provincia (ente ma soprattutto aggregato sociale) si pone nei confronti di Roma città metropolitana e Roma capitale.

Due figure giuridiche e due assetti territoriali ed istituzionali che modificheranno comunque, con l’attuazione del federalismo, il ruolo della comunità che abita l’Alto Lazio da Tarquinia e Nepi alla Toscana e all’Umbria.

Né basteranno dichiarazioni seppur congiunte di rappresentanti locali dei partiti “romani” a fugare i rischi di appiattimento sullo “scontato”.

La ribellione ciociara che prefigura una “regione” diversa dall’attuale non va, infatti, archiviata nel reparto folclore, ma seriamente considerata perché tutti nel Lazio, privati e enti, devono poter partecipare al processo di attuazione del regime speciale della capitale e del federalismo quanto alla città metropolitana.

In sostanza, stavolta, sapersi far coinvolgere con la credibilità e l’impegno di chi ha consapevolezza che potranno cambiare regole e ruoli decisionali. Conseguenza: un futuro da governare o da subire.

Le “dichiarazioni”, le parole di Marini, di Meroi, Santucci, Sposetti e degli amici di Fioroni su dove andremo o dove altri pensa di portarci saranno ascoltate con tutta e sola l’attenzione che meritano, ma ancor più si attenderanno da loro rapide e serie iniziative per promuovere la conoscenza dell’argomento, le forme di confronto ed il metodo per giungere a conclusive proposte, le più condivise.

Per dar forza alle aspettative di una Tuscia a quota trecentomila su 5 milioni e seicentomila abitanti sarà infatti indispensabile la più larga e consapevole partecipazione popolare nella formazione delle scelte. Altrimenti, sarà ancora e sempre Roma a decidere, come è stato di recente per candidature e giunte (uno strumento di convinzione non da poco sui politici) e, pare, sull’aeroporto, ricordando, per esempio, l’avvertimento ante campagna elettorale del sindaco di Alemanno a non dare per scontata la rinuncia capitolina all’indotto da Ciampino in favore di Viterbo.

Insomma, l’argomento dell’assetto istituzionale è essenziale e dirimente per la soluzione di tutti gli altri problemi: dunque, parliamone, come invita di nuovo a fare quello “sporco (ma attento) comunista” di Valerio de Nardo, non solo, però, su queste ospitali pagine virtuali di Tusciaweb.

Sarebbe bello, infatti, se i partiti pianificassero incontri e le amministrazioni studi conoscitivi perché il confronto sia ampio, concreto e razionale. Se, per esempio, la Camera di Commercio prendesse l’iniziativa di raccordare il dibattito di imprese e sindacati, se Meroi indicasse un metodo di discussione e organizzasse momenti di verifica delle espressioni sociali ed istituzionali, assumendo l’impegno a realizzare il massimo di unità su una proposta finale.

Che sarebbe davvero una riforma, forse attraverso una vertenza, da non delegare però alla sola casta politica.

Renzo Trappolini

5 maggio, 2010 - 17.51