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L'angolo della psicologia

La bellezza è fatta anche di rughe

di Angelo Russo
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Carla è una bella donna di cinquantuno anni. Il suo aspetto fisico rasenta quasi la perfezione, risultato di un lungo – continuo – estenuante trattamento centrato sul corpo: creme, massaggi, palestra e qualche ritocchino.

Se l’effetto è buono il prezzo da pagare è molto alto, e non solo in termini strettamente economici. La sacralità somatica ha raggiunto in alcune manifestazioni dei tratti ossessivi: per non evidenziare le pur lievi rughe di espressione, Carla si è preclusa persino il sorriso aperto. E’ bella ma a volte sembra un po’ ingessata.

La sua dieta misurata si compone di cibi costantemente selezionati. I pasti non sono un piacere, ma un pesante obbligo di sopravvivenza da compiere, ovviamente sono misurati e centellinati. Beh, che i capelli siano sempre in ordine, freschi di parrucchiere, lo diamo per scontato. Nonostante la bella cinquantenne appare agli altri, a un primo sguardo superficiale, un misurato cocktail di rapporti estetici, nella sua interiorità qualcosa vacilla.

Appaiono in lei alcuni segni di depressione. Le prime avvisaglie di menopausa, lo sforzo costante, quasi maniacale, per essere in forma, lo spettro del futuro incalzante che necessariamente rimanda alla vecchiaia è vissuto da Carla come una ferita nella sua anima. Avendo possibilità economiche Il suo imminente declino può ancora essere corretto da interventi di chirurgia plastica, ma il futuro appare nero.

Prima di trattare alcune riflessioni sul caso di Carla voglio ricordarvi la storia di Narciso che s’inserisce, per alcuni aspetti, in modo appropriato in questa situazione.

Eco, ninfa dei monti s’innamora perdutamente di Narciso, figlio del fiume Cefiso, ma non è ricambiata. Narciso sembra insensibile al fascino femminile e vaga tra i boschi e le valli in una ricerca interiore senza speranza.

Finalmente specchiandosi nelle acque chiare di una fonte trova qualcosa che appaga il suo desiderio: è travolto dall’amore per la propria immagine. Afrodite, dea dell’amore, non può approvare questo sentimento atipico che contrasta con i suoi dettami e punisce Narciso.

Quest’ultimo morirà consumato dal dolore e dall’insoddisfazione. L’obiettivo del suo innamoramento sarà irraggiungibile.

Freud trova in questo racconto lo spunto e il personaggio giusto per ipotizzare la scelta omosessuale. Nelle sue teorie nel 1919 adottò il termine narcisismo. La dottrina classica di Freud considera il narcisismo come un investimento della libido (pulsione sessuale) sull’Io (la parte cosciente dell’apparato psichico) di conseguenza il rivolgimento della libido su se stessi (sullo stesso sesso).

Questa tesi ha lasciato molti studiosi perplessi, considerando che molti omosessuali, in particolar modo maschi, mostrano un culto narcisistico del proprio corpo ma, spesso, il loro interesse per il partner sviluppa tutta una serie di dinamiche di rapporto interpersonale come la tenerezza, la gelosia, la competizione che sembra di altra natura rispetto al semplice ripiegamento sullo stesso sesso.

Sembra certo che un ripiegamento, di tipo narcisistico, non favorisce l’autonomia e non consente quello sviluppo armonico di cui la personalità ha bisogno. Anche se il mito greco ci rimanda a un uomo, il narcisismo vale per entrambi i sessi.

Nella personalità di Carla è possibile evidenziare tutta una serie di tratti narcisistici. Si può ipotizzare che la sua fobia centrata sul corpo non le ha permesso di sperimentare altri modi di vivere che consentissero, attraverso i rapporti interpersonali, di dare un senso più creativo alla sua vita. Sarà faticoso insegnare a Carla di gustare il piacere di essere apprezzata per altre qualità che non siano essenzialmente estetiche.

Sensibilizzare in lei il piacere che si prova nel dare e non solo nel ricevere, disancorandola dagli stimoli negativi che probabilmente ha ricevuto nell’infanzia e scoprire che si può migliorare la qualità della vita senza essere necessariamente ammirati.

Amare se stessi, oltre misura, pone l’essere umano di fronte ad obiettivi irraggiungibili associati ad infelicità e frustrazione. Essendo l’uomo, un essere sociale, sofferente nella solitudine, è facilitato a trovare la felicità nello sviluppo delle relazioni umane: L’amore, l’amicizia, il lavoro, la scuola, la famiglia. Ci sono alcune donne che accettando il loro corpo e i cambiamenti dell’età con disinvoltura esprimono un fascino irresistibile.

A tal proposito trovo interessante lo stralcio di un articolo a firma di Pietro Calabrese:

“Ho scoperto che adoro le rughe delle donne. Sono affascinato dalla bellezza di quelle linee sottili come onde marine o marcate come campi di grano subito dopo l’aratura.

Sono belle le donne con le rughe. Hanno il coraggio della loro età, della loro dignità, della loro bellezza. Incedono in mezzo alla gente con un passo di chi si muove leggero tra le nuvole.

Quelle tenere rughe che le rendono affascinanti sono il segnale che hanno vissuto e sofferto, sopportato i dolori e le sconfitte, sono state costrette a fare passi in dietro e rinunce, hanno visto i giorni rotolare senza ritegno davanti a loro. Il tempo che passa non le spaventa, la vecchiaia che si avvicina non la vedono come la fine di tutto.

Sanno che possono piacere agli uomini, e spesso catturarli ancora, anche se devono rinunciare alla forza potente della bellezza. Sanno che a volte l’intelligenza, l’ironia, la sapienza del vivere possono intrigare molto più della stupida giovinezza.”

Angelo Russo

13 settembre, 2010 - 17.40