- Corriere2000 - https://www.corriere2000.it -

Il 13 giugno è nata la terza repubblica

<p>Renzo Trappolini</p>

Renzo Trappolini

- 150 anni da italiani e i referendum a partorirci: nel 1861 – un po’ prima e un po’ dopo con il nome “plebisciti”- monarchici per 85 anni; nel 1946 da cittadini di tre repubbliche per 65 anni, la prima fino al 1994, la seconda fino al 2011, quando – come dicono – il referendum del 13 giugno, festa di Sant’Antonio da Padova il santo dei miracoli, avrebbe fatto nascere la terza.

Questa, rispetto a quella del ’46 – almeno pare – senza gli “imbrogli” che allora denunciarono i monarchici e in qualche maniera non disconobbe la Magistratura, quando la Cassazione, proclamando solennemente il risultato favorevole alla repubblica, precisò: “Questa Corte, in altra seduta, darà conto dei ricorsi nel frattempo pervenuti” e il successivo 18 giugno decise a maggioranza (12 voti contro 7) che per i Savoia era finita ( anni dopo l’ex presidente della Repubblica Leone – che era anche un grande giurista- scrisse che, se nel risultato fosse stato computato anche il milione e mezzo di schede bianche, avrebbe potuto prevalere la monarchia).

Nel paese del così è se vi pare nacque così, dal referendum del 2 giugno, la prima repubblica, quella che, però, “con la spettacolare industrializzazione del paese nel dopoguerra” – ha annotato l’ex ambasciatore americano Richard Gardner – si pone in grande contraddizione con i problemi dell’inefficienza dei governi, della disoccupazione e del clientelismo, della criminalità e della corruzione, dell’arretratezza anche istituzionale che c’erano ai tempi di tangentopoli e della nascita della seconda repubblica e che persistono, purtroppo, tuttora.

Referendum pulito, dunque, nel conteggio dei voti stavolta e nuova repubblica con….il federalismo, la metà dei parlamentari, le semplificazioni amministrative e le liberalizzazioni per far spendere meno i cittadini e dar loro servizi più efficienti a cominciare dall’acqua e dall’energia.

Un bel rebus, però, per chi vuole continuare o si appresta a governare con un debito che supera del 20% il valore di quello che produciamo, una cinquantina di miliardi di euro da recuperare se non vogliamo tornare a battere una moneta debole che i mercati rifiuterebbero, le imprese in media più piccole del 40% rispetto alle altre d’Europa, infrastrutture inadeguate quando, per esempio nelle autostrade, gli ampliamenti decisi nel 1997 sono stati finora realizzati solo al 60% e quelli definiti nel 2004 al 30.

Insomma, tante cose da fare e con i soldi pubblici che mancano anche perché il 30% del reddito non paga le tasse e quelli che le pagano non possono essere fessi troppe volte, nella prima, nella seconda e nella terza repubblica. Eppure i soldi pubblici servono soprattutto per i servizi essenziali, quelli che il referendum ha confermato pubblici. Come l’acqua, che dieci milioni di italiani hanno “ad intermittenza” e con gli acquedotti pubblici che perdono fino al 50%, come le fognature inefficienti nel 20% del paese che è al 157esimo posto su 183 per durata dei processi civili, come i livelli di apprendimento tra i più bassi del mondo, come la bolletta elettrica che da noi costa almeno il 30% in più di quella dei concittadini francesi o tedeschi. E noi siamo europei come loro.

Renzo Trappolini