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Cecchi Gori di nuovo in manette per bancarotta

<p>Vittorio Cecchi Gori</p>

Vittorio Cecchi Gori

Cecchi Gori di nuovo in manette per bancarotta fraudolenta.

Solo pochi giorni fa aveva annunciato il suo ritorno in pista al cinema con Silence, il nuovo progetto di Martin Scorsese. Ma gli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta, scattati oggi su disposizione del tribunale di Roma nell’ambito delle indagini sul fallimento della Finmavi e di altre società del gruppo, sembrano gettare di nuovo Vittorio Cecchi Gori nel tunnel dei guai che lo hanno visto coinvolto dal 2000 ad oggi, tra celluloide, tv, calcio e politica.

Era il 29 ottobre del 2002 quando, per il fallimento della Fiorentina, a Cecchi Gori venne notificata un’ordinanza di custodia cautelare con una accusa analoga, quella di bancarotta fraudolenta. A novembre del 2006 fu condannato a tre anni, poi condonati per l’indulto. Annus horribilis il 2006: a ottobre era calato il sipario sul suo impero di celluloide. Fu il tribunale di Roma a decretare il fallimento della Finmavi, la “cassaforte” schiacciata da debiti per 600 milioni di euro. Poi Cecchi Gori si presentò alle elezioni nella circoscrizione Lazio 1 con il Movimento per l’autonomia ma non viene eletto.

I primi problemi risalgono ad alcuni anni prima, quando uno dei suoi più stretti collaboratori, Paolo Cardini, e Luigi Barone, amministratore di alcune società del gruppo, finirono indagati, col mediatore Aldo Ferrari, in un’inchiesta per riciclaggio di denaro. Allora Cecchi Gori sedeva sui banchi del Senato. Poi vennero le elezioni e la candidatura in un collegio siciliano con esito negativo. Subito dopo la separazione dalla moglie Rita Rusic con la richiesta di oltre duemila miliardi di lire da parte di lei, la complicata vicenda della vendita di Tmc alla Seat, bocciata il 18 gennaio 2001 dall’Autorità per le Telecomunicazioni, ma soprattutto i guai giudiziari.

Nel luglio del 2001 Cecchi Gori ricevette un avviso di garanzia per concorso in riciclaggio e nel ciclone, suo malgrado, finì anche la sua compagna di allora Valeria Marini. Le disavventure della Fiorentina furono scandite dall’apertura della procedura fallimentare prima, quindi dall’estenuante tentativo di riequilibrare i conti e i crediti. Il 27 giugno 2001 il tribunale di Firenze aprì d’ufficio la procedura fallimentare, successivamente archiviata. Il 17 gennaio 2002 la procura di Firenze ne chiese il rinvio a giudizio per appropriazione indebita, falso in bilancio e truffa. Qualche giorno dopo il produttore disse in tv: «Salvo la Fiorentina e poi la vendo». Il 18 marzo il tribunale civile dispose l’ispezione giudiziaria che sancì il dissesto finanziario del club e portò all’amministrazione giudiziaria.

Prima l’ex senatore aveva dovuto sopportare anche il dolore per la morte della madre e quello per la retrocessione della squadra. Celebre il particolare emerso durante una perquisizione nel luglio 2001 nella sua casa di Roma, alla presenza della Marini: venne ritrovata in cassaforte una consistente quantità di cocaina che Cecchi Gori definì più volte come “zafferano”.

Dell’8 luglio 2005 è invece l’incanto della catena di sale cinematografiche. Il tribunale di Roma mise all’asta le sette sale romane, fra cui la multisala Adriano, l’Atlantic, il New York, l’Ambassade, il Royal, il Reale e il Volturno, per estinguere un debito ingente con un istituto di credito.