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Politica - Berlusconi e Tremonti studiano le possibili modifiche alla manovra

In discussione l’aumento dell’Iva

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Il premier ha messo in conto, come del resto Giulio Tremonti, alcune correzioni al decreto da 45 miliardi varato venerdì.

Lo dice perfino Roberto Calderoli, il ministro che al grido “chi non è d’accordo si dimetta”, si era eretto a guardiano della manovra: “Il testo può essere modificato e migliorato a saldi invariati. Ma non può essere smontato perché se questo dovesse accadere si rischierebbe il default economico del Paese”.

Il segretario Angelino Alfano il 23 settembre incontrerà i ribelli, ma già fa sapere di voler cercare qualche “misura di incontro con l’Udc”. L’obiettivo: trasformare il varo del decreto nella prima palestra di allenamento del centrodestra prossimo venturo. Quello che nel 2013, dopo il possibile passo indietro di Berlusconi, dovrebbe avere tra i soci fondatori anche l’Udc di Pier Ferdinando Casini sul modello del Partito popolare europeo.

Tra le modifiche in discussione c’è un aumento dell’Iva. Operazione che può valere 6 miliardi per ogni punto di aumento, se si alza solo per i generi già al 20%. Oppure 15 miliardi, se lo scatto venisse esteso anche ai prodotti su cui l’Iva pesa il 10%. Con due problemi. Il primo è quello sottolineato da Tremonti quando venerdì ha posto il veto: il rischio di un aumento dell’inflazione. “Il pericolo – dice uno stretto collaboratore del ministro – è che i commercianti se ne approfittino. Ecco un esempio: se aumentiamo l’Iva di un punto, cosa accadrà al prezzo del cappuccino? Ora costa un euro, dopo costerà 1,01 euro, oppure 1,10? C’è da scommettere che i baristi aumenteranno il prezzo del 10%. Dunque…”.

Il secondo problema è che l’uso dell’Iva è riservato alla delega fiscale e assistenziale. Una sorta di ultima carta per poter procedere alla promessa riduzione del peso fiscale sui lavoratori dipendenti, senza dover procedere al dolorosissimo e impopolare taglio lineare delle detrazioni.

Berlusconi, sostenuto anche da Confindustria, non ha però accantonato questa soluzione. E circolano varie ipotesi. La più accreditata: scatto dell’Iva sui beni di lusso dal 20 al 23% (barche, Suv, centri benessere, piscine…). Aumento di un punto dell’Iva al 20% e nessun ritocco per le altre aliquote del 4 e 10%.

15 agosto, 2011 - 11.06