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Manovra, sale l’Iva

Palazzo Madama, sede del Senato

Manovra, sale l’Iva.

La manovra finanziaria si presenta al voto in Senato con ulteriori cambiamenti. L’ultima versione è uscita dal lungo vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli: rientrano il contributo di solidarietà, l’Iva e l’equiparazione dell’età pensionabile per uomini e donne.

Torna il contributo di solidarietà del tre per cento sui redditi oltre i 300mila euro l’anno. Lo ha annunciato il ministro della Difesa Ignazio La Russa. La soglia, fissata in precedenza a 500mila, avrebbe interessato solo 11mila contribuenti su 41,5 milioni complessivi (lo 0,02%) per cui è stata abbassata. Adesso il provvedimento varato dall’esecutivo riguarderà 34mila persone.

Aumenterà quindi l’introito per lo Stato prima stimato in 35 milioni nel 2012 e 87,7 milioni dal 2013. Il contributo interessa il reddito complessivo: fondiario (esclusi i redditi da prima casa), da lavoro dipendente, di impresa, autonomo, da capitale.

Il contributo di solidarietà per i parlamentari che oltre all’indennità percepiscono anche un reddito da lavoro “pagheranno il doppio dei loro colleghi che svolgono solo il mestiere di deputato, e quindi il quadruplo di un dipendente pubblico soggetto al contributo“.

L’aumento dell’aliquota al 21 per cento colpirà televisori, giocattoli, auto e moto, abbigliamento e calzature, taglio e piega dal parrucchiere, caffè, vino e cioccolato con molte voci che riguardano la spesa per la casa.

Questo incremento fa balzare l’Italia in testa alla classifica dei vari regimi di aliquote ordinarie praticati dai maggiori Paesi europei: la Germania è al 19,6 per cento, la Francia al 19,6 per cento, la Spagna al 18 per cento e la Gran Bretagna al 20 per cento. Il governo spera in questo modo di incassare almeno quattro miliardi.

Un risparmio annuale che dovrebbe venire anche dall’equiparazione dell’età per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne a 65 anni. L’anticipo della partenza del percorso dal 2016 al 2014 deciso oggi porterà l’andata a regime della misura dal 2028 al 2026 con un risparmio per quell’anno valutato in 3,9 miliardi e 334 mila donne in più al lavoro rispetto alla normativa attuale.

Restano in vigore i tagli agli enti pubblici, a cominciare dalle province (ma con legge costituzionale), il dimezzamento dei parlamentari e l’articolo 8 sui licenziamenti.