Crisi, imprese a secco di denaro
Imprese, meno soldi per tutti.
Credit crunch, rubinetti chiusi, meno soldi per tutti. Le banche sono sotto pressione. Si fidano poco le une delle altre, costrette a pensare ai propri bilanci, prima e più che ad irrorare l’economia. Le imprese, non ancora fallite, faticano ad ottenere fidi per investire. Le coppie, anche quelle con le garanzie giuste rinunciano all’avventura del mutuo, nonostante i tassi ufficiali molto bassi.
Meno soldi erogati, meno richiesti. Aziende a secco.
Il grido è sempre più alto. Le imprese italiane, già vessate da 70-80 miliardi di crediti verso la pubblica amministrazione non ancora rientrati, denunciano la stretta: criteri sempre più stringenti dalle banche per prestiti e nuove linee di credito negli ultimi tre mesi del 2011, come nell’ultimo trimestre del 2008.
Avvertendo, come fa l’istituto europeo nell’ultima indagine presso le banche centrali dell’Eurozona, che le condizioni per le grandi aziende sono peggiori di quelle applicate alle piccole.
Due giorni fa la stessa Abi, l’associazione delle banche italiane, ha definito il quadro di gennaio dei prestiti a famiglie e imprese, cresciuti dell’1,6% sull’anno, a fronte del tendenziale di dicembre pari al 3,6%. Una scivolata non da poco. Se si considerano anche i prestiti ad assicurazioni, fondi pensione, finanziarie l’aumento è un pallido 0,6%. Nel quinquennio 2003-2008 si viaggiava a un ritmo dell’8,6% l’anno.
Vero è che anche le richieste di prestiti per investimenti delle imprese sono crollate del 50% nell’ultimo trimestre del 2011. Resistono solo quelle per ristrutturazioni e consolidamento del debito. Un segnale allarmante.
“Banche e imprese sono sulla stessa barca” spiega il presidente dell’Abi Mussari.
La barca della recessione, della crisi europea, della Grecia sull’orlo del crac. Ma anche dell’Eba (l’autorità europea delle banche) che, dopo l’ennesima tornata di stress test, pretende patrimoni più robusti e dunque nuove ricapitalizzazioni in capo alle banche, anche italiane. La posizione dell’Abi è chiara: non si tratta di credit crunch, ma di una domanda minore. Si chiedono meno soldi.
Le sofferenze, poi, esplodono e la prudenza nell’erogare fidi, prestiti, mutui, crediti è d’obbligo. Quando poi i cordoni si allargano, il denaro costa di più, perché la sua raccolta è meno facile e dunque cara.