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Cronaca - Così gli italiani liberati dopo l'espulsione da Israele in seguito al blitz contro la flottiglia filopalestinese

“Siamo stati picchiati”

<p>Israele</p>

Israele

“Siamo stati picchiati. Prima sulla nave dai militari e poi ancora poco fa all’aeroporto di Tel Aviv dalla polizia”.

A raccontarlo Giuseppe Fallisi, uno degli attivisti italiani arrivati stanotte a Istanbul dopo l’espulsione da Israele in seguito al blitz contro la flottiglia filo-palestinese. “Ci picchiavano ad esempio se non ci sedevamo, e dopo averci picchiati ci mandavano i medici a visitarci”.

E ancora. “Siamo stati portati in un carcere in mezzo al deserto, appena finito di costruire: sembrava lo avessero costruito apposta per noi”.
Tra i sei attivisti italiani, solo uno è rimasto in Israele perché senza passaporto. Si tratterebbe di Manolo Luppichini, che comunque dovrebbe partire per l’Italia in mattinata.

La durezza dell’esperienza vissuta dai sei italiani è tutta nelle loro parole. La si percepisce nel modo in cui descrivono i giorni trascorsi in prigione. Prima l’assalto alla nave su cui viaggiavano, la “8.000″, poi l’arresto e la permanenza in carcere. “L’assalto dei soldati israeliani che si sono avvicinati alla nostra nave a bordo dei gommoni sembrava una scena di “Apocalypse now”‘, racconta uno degli italiani liberati.

C’è invece chi pur essendo molto provata dall’esperienza, non vuole denunciare le violenze subite e ribadire invece le motivazioni profonde che l’hanno portata sul quel convoglio. Si tratta della giornalista torinese Angela Lano, 47 anni: “Siamo stati rapiti – spiega -, sia sulla nave che in prigione, dove non avevamo nessun tipo di diritto: non potevamo fare telefonate, chiamare i nostri avvocati. Sono anni che mi occupo di Palestina. A bordo non c’erano terroristi. Solo persone normali, disarmate armate solo del loro corpo”.

3 giugno, 2010 - 10.32