Altri 18 mesi di arresti domiciliari per Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi agli arresti domiciliari per 18 mesi.
Nuova condanna per Aung San Suu Kyi.
La donna leader dell’opposizione birmana dovrà passare 18 mesi segregata nella sua residenza di Rangoon, agli arresti domiciliari. La sentenza emessa dalla corte birmana prevedeva tre anni di lavori forzati, commutati solo in un secondo momento in arresti domiciliari dalla giunta militare.
Più pesante il verdetto a carico del coimputato, il 54enne statunitense John Yettaw: sette anni di lavori forzati, tre per violazione delle leggi sulla sicurezza, altrettanti per immigrazione illegale nel Paese asiatico e uno per violazione delle norme municipali sull’attività natatoria.
Yettaw era stato ospitato per due giorni da Aung San Suu Kyi lo scorso maggio, quando il premio Nobel per la pace si trovava agli arresti domiciliari.
Secondo il regime questo era bastato a infrangere i termini sulla base dei quali le erano stati concessi gli arresti domiciliari. Condizione ormai abituale per Aung San Suu Kyi che ha trascorso 13 degli ultimi vent’anni o agli arresti domiciliari o in carcere.
Per entrambi scattarono le manette. Yettaw, che soffre di diabete, è stato più volte ricoverato in ospedale, l’ultima una settimana fa, in preda a convulsioni epilettiche. Ieri, 10 agosto, è stato dimesso e condotto di nuovo in prigione.
Nel frattempo l’Ue ha condannato il verdetto contro Aung San Suu Kyi e ha fatto sapere tramite un comunicato, che risponderà con sanzioni supplementari.
“Il processo contro San Suu Kyi è ingiustificato – si legge nel comunicato – e va contro il diritto nazionale e internazionale. Chiediamo, pertanto, l’immediato rilascio della leader dell’opposizione birmana”.