Pd, i tre candidati collaborano
La convenzione del Pd è proseguita senza intoppi con Franceschini, Bersani e Marino che, dal palco, rilanciano le loro idee per la corsa alla segreteria.
Tra il pubblico i 1000 delegati usciti dai congressi dei circoli. Mancano però Romano Prodi, Walter Veltroni e (per malattia) anche Francesco Rutelli.
Giorgio Napolitano che apre i lavori, trova nel Pd un solido appoggio dopo gli attacchi sferrati dal Giornale. Poi, dopo l’inno di Mameli e il minuto di silenzio per le vittime di Messina, è Bersani ad aprire la sequenza degli interventi.
L’ex ministro inizia attaccando Berlusconi “che non ha mai risolto un problema”. Poi l’affondo sullo scadimento della qualità della vita democratica del Paese a causa di un populismo che tende a sostituire le regole costituzionali e il sistema parlamentare con un rapporto diretto capo-popolo. Un tema ripreso sia da Franceschini che da Marino. Con il segretario che definisce il premier “un ominicchio” per gli insulti in diretta tv a Rosy Bindi.
Sul futuro del partito i toni sembrano in sintonia. Chiunque vincerà le primarie sarà il segretario di tutti, ripetono. Franceschini va oltre: “Se vinco chiamerò Bersani e Marino a lavorare con me”.
Ma quale sarà il Pd del futuro? Una sorta di socialdemocrazia attualizzata all’oggi. “Adesso abbiamo tre cose da fare – dice Bersani, che incassa il sostegno del segretario della Cgil Guglielmo Epifani – rinnovare e rafforzare noi stessi, riaprire il cantiere dell’Ulivo con movimenti politici e civici disposti al dialogo con noi. Lavorare per un quadro ampio di alleanze politiche”.
Franceschini invece rilancia l’idea di partito “aperto”, che fa politica in modi diversi da quelli tradizionali, specialmente tra i giovani. Un partito che, per Franceschini, si deve allargare. Guardando all’area socialista e ambientalista. Un partito, rilanciano Marino e Franceschini, che usi le primarie come strumento costante di decisione.
Ma con chi si dovrebbe alleare il Pd? Anche in questo caso le strade divergono. Bersani punta alle alleanze, a un modello tedesco che metta la sordina ad un bipolarismo “puro”.
Franceschini, invece, pur parlando di alleanze, rilancia il bipolarismo. “Non penso a coalizioni come nel passato. Messe insieme solo per vincere e poi molto litigiose quando si è trattato di governare”.
Ora non resta che attendere i risultati del 25 ottobre. Quando dai gazebo democratici uscirà il nome del segretario. A meno che non siano necessari i tempi supplementari. Nel caso in cui nessuno dei candidati superi il 50% deciderà l’assemblea nazionale.