“Non ho ucciso Meredith”
“Non ho ucciso nè violentato vostra figlia”. Rudy Guede si rivolge spontaneamente ai genitori di Meredith davanti alla Corte d’Assise di appello di Perugia, che lo processa per l’omicidio della studentessa inglese.
In aula c’era anche lo psichiatra Alessandro Meluzzi, che insieme al criminologo Vincenzo Mastronardi ha realizzato una consulenza per la difesa sul comportamento dell’imputato dopo il delitto.
Guede infatti fuggì e venne arrestato in Germania. Un comportamento di “evitamento e fuga”, secondo Meluzzi, legato a una “sindrome traumatica da stress” dalla quale venne colpito dopo il delitto.
Nel corso della dichiarazione spontanea, Guede ha ricostruito quanto avvenuto la sera dell’omicidio di Meredith – al quale ha continuato a dirsi estraneo – i giorni precedenti e quelli successivi. Ha spiegato di avere incontrato Meredith il 31 ottobre del 2007, nel corso di una festa in discoteca e di aver avuto con lei un appuntamento per la sera successiva.
La sera successiva a quella dell’incontro entrò insieme alla Kercher nella casa di via della Pergola, poi teatro del delitto: “mentre eravamo in casa – ha sostenuto Guede – Meredith cominciò a inveire contro Amanda (la Knox, sua coinquilina e imputata del delitto insieme all’ex fidanzato raffaele Sollecito). I miei soldi, i miei soldi, non la sopporto più” disse Meredith.
L’ivoriano ha quindi spiegato di aver avuto un approccio con la studentessa inglese, ma non un rapporto sessuale. Dopo circa un quarto d’ora, secondo quanto racconta, si recò in bagno.
“Ho sentito le voci di Meredith e di Amanda – ha riferito ancora Guede – che discutevano dei soldi venuti a mancare. Ho sentito solo dobbiamo parlare ma non mi sono preoccupato, perchè pensavo fosse solo una discussione tra due ragazze che vivevano nella stessa casa. Mentre ero in bagno mi sono messo ad ascoltare musica da un i-pod, ma alla metà del terzo brano ho sentito un urlo fortissimo. Mi sono precipitato a vedere cosa fosse successo e in camera di Meredith ho visto una figura maschile. È stato un lampo e questa persona ha cercato di colpirmi. Sono indietreggiato e caduto in soggiorno. A quel punto ho sentito qualcuno fuori della casa che scappava e diceva “andiamo via, c’è un nero in casa”. Non ho avuto il coraggio di inseguirli, ma guardando fuori dalla finestra ho visto la sagoma di Amanda”.
Guede ha quindi spiegato di essersi recato nella camera di Meredith e di aver cercato di tamponare il sangue che le usciva dopo essere stata ferita mortalmente con un coltello alla gola. “Meredith era agonizzante – ha sostenuto Guede – e cercava di dirmi qualcosa, io le tenevo la mano. A quel punto sono entrato in uno stato di shock. Nella mia testa c’erano tanti perchè senza risposta. Ho avuto paura”.
“Non ho niente da nascondere e non sono un bugiardo. Chiudendo gli occhi vedo ancora rosso dappertutto” ha concluso Rudy.