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L'opinione di Severo Bruno

Presidente ci consenta…

di Severo Bruno
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Viviamo ore convulse in cui la “ggente” si avvita in disquisizioni giuridiche approfondite sui temi di decretazione urgente, novità legislative contrapposte a interpretazioni autentiche, e via di questo passo, tutto generato dall’ultima avventurosa iniziativa dell’inquilino di Palazzo Chigi in materia di decreto legge in materia elettorale.

Il tutto nasce dal legittimo desiderio di tanti di partecipare al processo di interpretazione del testo costituzionale e delle leggi conseguenti emanate nel corso degli ultimi anni in materia elettorale, quasi fosse l’ultimo tentativo di chiarire la fondatezza degli opposti punti di vista, prima di rovesciare il tavolo.

Perché questo è il punto, vale ancora la pena di ricercare la legittimità di una prepotenza, quando a tutti è chiara la arroganza del potere e le assurdità invocate a difesa dell’impossibile costruzione giuridica architettata per difendere quella prepotenza?

La risposta che si sente in ogni ambiente, almeno in quelli non compromessi in modo indiretto o diretto con il potere, sembra del tutto negativa, definitivamente, seriamente, irriducibilmente negativa, perché non si può andare contro la legge, quella che vieta la decretazione in materia elettorale, quella che vieta la legge ad personam, o quella che dispone che la legge valga solo per il futuro.

E se si vuole invece ordire tutto questo con una ostentazione senza pudore della forza parlamentare, che almeno questa operazione si scontri contro tutti i rimedi che l’ordinamento mette a disposizione per il controllo democratico.

Perciò, perché la controfirma urgente di un decreto illegittimo, richiesta nottetempo, al di là e al di sopra delle forme di legge e di protocollo?

Nella ricerca di un precedente analogo, dobbiamo purtroppo evocare solo un altro decreto “interpretativo” in materia elettorale, quello sinistro emesso in Cile dal dittatore Pinochet che in tal modo abolì la consultazione elettorale amministrativa prevista per legge per l’anno successivo a quello del golpe.

La consultazione ovviamente saltò con l’acquiescenza del Parlamento. Del resto è conoscenza comune che le leggi esistono solo per gli altri, perché per gli amici, o per i partiti amici del governo, esse si ” interpetrano”.

Perciò, ci consenta presidente Napolitano, quali sono gli argomenti che legittimano il decreto in materia elettorale? Forse quello che distingue tra la presenza nei locali del tribunale e la presentazione delle liste?

Proviamo ad applicare il caso a una esattoria dove si pagano le tasse e proviamo ad equiparare la presenza del debitore nei locali con l’atto del pagamento, come fossero la stessa, se tra questi due momenti non ci fosse coincidenza.

Secondo il decreto varato dal governo, anche la sola presenza del debitore, non seguita dall’effettivo pagamento, potrebbe essere sufficiente ad evitare la mora e le conseguenze del mancato pagamento. Che gli uffici si preparino, perchè già si possono indovinare le rovinose conseguenze di un così brillante escamotage giuridico.

Un simile principio è semplicemente insostenibile, distrutto dal classico “imputet sibi” per indicare che la legge non fa sconti a chi la ignora, o, peggio, la disprezza per troppo sicurezza.

O forse tra gli argomenti a favore della legittimità vogliamo fare entrare le cosiderazioni metagiuridiche relative alla necessità che ” la forza politica più importante” fosse riammessa alla gara elettorale?

Ma chi può dire quale forza politica sarà “la più importante” in una gara elettorale, dove la gara mira a proprio a certificare tale importanza, ogni volta nuova e valida “qui e adesso”.

Ragionare diversamente significa invertire l’ordine degli avvenimenti, come se l’aver vinto le passate elezioni, desse a quella forza politica la pretesa di esser considerata la probabile vincitrice di quelle future.

A parte la illegittimità di un tale ragionamento, nel caso delle elezioni regionali, la forza politica di gran lunga più importante è stata quella di centrosinistra, la più forte in quasi tutte le regioni, percui non poteva essere invocare una così incredibile motivazione per giustificare un comportamento opposto.

O forse i modi bruschi del presidente del Consiglio, conditi di riferimenti alla piazza e alle folle scantente, è stato un elemento decisivo?

Severo Bruno

8 marzo, 2010 - 17.42