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Viterbo -Riflessione su un paese che va a rotoli

Fino a quando Berlusconi?

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“Hanno tolto la speranza” ed “è un paese demotivato” sono due dichiarazioni che ho annotato ieri mattina.

La prima è del professor Enrico Malato, già docente di Letteratura italiana presso l’Universutà della Tuscia e poi, a Napoli, presso la Fedrico II nella cattedra che fu di Francesco De Santis, con il quale mi sono incontrato ieri a Viterbo perché presidente di una commissione in un concorso universitario.

Il professor Malato ha di recente vinto il premio Capri-San Michele con un saggio dal titolo: “Quale Italia, prospettive e retrospettive”, un’acuta riflessione sull’Italia di oggi e di ieri e su quale potrà essere domani con una serie di rilievi, spesso sconcertanti.

Nel colloquio di ieri mattina – tra due amici che si ritrovano dopo un lungo periodo – ho colto tanta amarezza e preoccupazione: tagli sconsiderati per la cultura e per la ricerca; un progressivo, grave e diffuso degrado morale ed etico del Paese; una crisi pagata solo da operai e impiegati con redditi bassi, mentre i possessori di ricchezze vedono incrementare il loro benessere.

Tutto questo è non solo assurdo, ma anche inaccettabile perché profondamente ingiusto.

Un Paese il nostro, commentavo, al quale, pur in una situazione difficile, non è indicata una prospettiva; il potere utilizzzato per vantaggi personali o per quelli della cricca amica, piegando a questo fine regole, procedure e perfino approvando leggi ad hoc!

Come sono lontane da tutto questo le parole del presidente Napolitano che nel messaggio di fine anno del 2008 così si rivolgeva agli italiani: “Facciamo della crisi un’occasione perché l’Italia cresca come società basata sulla conoscenza, sulla piena valorizzazione del nostro patrimonio culturale e del nostro capitale umano”.

Quel presidente della Repubblica che il neo ministro Brancher- ma chi è costui?-ha accusato, senza ritegno, di essere manovrato. (Da chi? Dai giudici? Dall’Armata Rossa?).

Una crisi prima negata, poi ammessa, ma governabile e ora, dicono, si rischia addirittura il fallimento e il tracollo.

Quanta improvvisazione e quanta approssimazione!

I cittadini sono disorientati e finiscono con il rifugiarsi nel proprio “particulare” al grido “Che schifo, sono tutti uguali!”.

Ecco, allora, che Bernardo Bertolucci – è la seconda dichiarazione – il regista tra l’altro del Conformista, dell”Ultimo tango a Parigi, di Novecento, dell”Ultimo Imperatore, cui sono stati assegnati ben nove Oscar, parla sul Corsera di un paese demotivato perché, aggiungo io, senza una guida, senza autorevoli punti di riferimento, con un futuro quanto mai incerto, soprattutto per i giovani.

Gli intellettuali, talvolta, riescono, con le loro riflessioni, a cogliere il cuore dei problemi e mi sembra difficile, se si è in buona fede, non essere d’accordo.

Fino a quando Berlusconi?

Oreste Massolo

30 giugno, 2010 - 19.26