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Politica - Giuseppe Fioroni (Pd) sulla proposta di una grande alleanza tra le opposizioni

D’Alema fa il piccolo chimico

di Paola Pierdomenico

<p>Giuseppe Fioroni</p>

Giuseppe Fioroni

“D’Alema vuole fare il piccolo chimico”.
Così Giuseppe Fioroni, moderato del Pd, definisce la proposta di una grande alleanza tra le opposizioni, lanciata dal presidente del Copasir, comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

“D’Alema ha sempre la tentazione di fare degli esperimenti da laboratorio che, però, non sempre riescono nella realtà.

Se finisce la seconda Repubblica, finisce l’idea del nemico. Un’alleanza, per essere credibile, deve avere qualcosa da costruire. La storia dell’avversario da abbattere è durata troppo a lungo e gli italiani non ne possono più.

Due sono gli obiettivi: avviare un progetto e sforzarci di trovare un candidato innovativo e moderno. Una persona che raccolga un ampio consenso che si rivolga a quel mondo che si sente sfiduciato e abbandonato. E poi dobbiamo coinvolgere i nostri interlocutori. Tutti. Indistintamente. Parlare all’Italia dei commercianti, degli artigiani, della piccola e media impresa e dei coldiretti”.

L’ex ministro, però, non si lascia scappare il nome di un possibile candidato. “I nomi in politica non si fanno, perché poi si rischia di bruciarli”.

In tutto questo il Pd come si sta muovendo?
“Abbiamo di fronte una stagione che offre la straordinaria opportunità di voltare pagina su una veloce quanto dannosa seconda repubblica. E per farlo dobbiamo progettare un paese diverso fino da quello visto finora.

Dobbiamo far cessare l’agonia di questo governo che, con una raccogliticcia maggioranza numerica, non è in grado di dare risposte necessarie a risolvere i problemi urgenti del paese.

Se ci va bene, produciamo un punto in più di ricchezza all’anno e allo stesso tempo, aumentiamo di quattro punti gli interessi del debito pubblico. Siamo un paese a scadenza che rischia di diventare una realtà scaduta.

In un paese che produce uno e spende quattro, i bot e cct producono una non solvibilità che va a vantaggio di quei signori che a Shangai e Honk Hong comprano i nostri titoli.

Non possiamo permetterci di fare la fine della Grecia. C’è bisogno di un governo che risolva l’emergenza sociale ed economica. Altrimenti si deve andare al voto”.

Partecipazione e coinvolgimento della società sembrano essere gli obiettivi impellenti per l’ex ministro. “Se dobbiamo fare una proposta sul fisco, dobbiamo dimostrare al cittadino che, prima di mettere le mani nelle sue tasche, come Stato abbiamo fatto il possibile per non spendere più del dovuto”.

Cosa pensa del caso Ruby?
“Le manifestazioni di oggi hanno sollevato un problema che riguarda molte donne.

Non giudico moralmente i comportamenti delle persone, che sono sotto gli occhi di tutti.

Critico però la tendenza a guardare dal buco della serratura, a spiare. Che, invece, è diventata determinante per l’Auditel del paese.

So, però, che abbiamo delle responsabilità verso le nuove generazioni. Non si può dare cattivo esempio.

I nostri comportamenti diventano un riferimento per la società – spiega -. Gli atteggiamenti del premier che pervadono e invadono la società, devastano le coscienze dei giovani.

Ognuno di noi vale per quello che è, che sa fare e per quello che studia ed esprime. I nostri giovani devono essere certi che, a scuola come nella vita, è il merito che fa la differenza e non la conoscenza di un uomo o una donna che, al momento giusto, ti danno delle opportunità.

Questo messaggio è un danno che l’Italia non si può permettere, perché il nostro paese ha già un problema educativo serio – dice – e un giovane non può credere che nel suo futuro conti solo una raccomandazione. Purtroppo, però, lo pensano tutti, dalla Lombardia alla Sicilia”.

E’ possibile che, in uno stato di diritto, il potere della magistratura non risponda a nessuno?
“Proprio perché siamo uno stato di diritto, la magistratura nella sua autonomia risponde alle legge e alla Costituzione di quello stato”.

Ma secondo lei è davvero così?
“Secondo me nella maggioranza della magistratura vale questo comportamento di autonomia e rispetto delle leggi e delle regole. Poi, come in ogni ambito di lavoro, c’è sempre la possibilità di poter criticare e valutare con i fatti chi fa bene e chi fa male”.

Spesso però un magistrato ha avuto in mano le sorti di un governo. E’ capitato con Prodi e ora con Berlusconi… “Questo è un governo che aveva cento parlamentari in più dell’opposizione. Se si è ridotto a vivere con Scilipoti non è certo colpa della procura di Milano e delle vicende giudiziarie. E’ solo che la maggioranza si è sciolta come neve al sole.

Il resto riguarda la vita privata di Berlusconi che, come ogni altro cittadino, ha diritto di difendersi e criticare. Ma il suo esecutivo non cade certo per questo. Cade perché ha rotto con Fini e perché molti parlamentari lo hanno abbandonato per altre formazioni politiche”.

E proprio di Fini, Fioroni ha apprezzato la correttezza politica. “Il presidente della Camera ha raccolto la provocazione che gli ho fatto venti giorni fa, chiedendo le sue dimissioni e quelle di Berlusconi.

Se finisce la seconda Repubblica, con lei, si conclude la fase di cui entrambi sono stati portagonisti. E proprio oggi (ieri, ndr), Fini ha lanciato questa sfida politica al premier. Vedremo come sarà accolta”.

E che ne pensa della nascita di Fli. Che senso ha creare, oggi, un partito che, domani, sparirà?

“Le dinamiche della politica sono veloci e rapide. Credo che sia il bipolarismo inteso come bibartitismo che l’eccessiva frammentazione delle forze politiche siano un errore. Fini, Casini e Rutelli non fanno uno sbaglio a creare un nuovo soggetto politico, specie se hanno progetti e valori comuni da portare avanti.

Il vero problema è che, in politica, il motto di De Coubertin, “l’importante è partecipare”, non vale. Le elezioni si devono vincere e quando uno si presenta già come terzo, non va bene. Bisogna concorrere a costruire il primo polo”.

Quanto durerà il governo?
“Mah, questo è un navigare a vista – afferma con non poco scetticismo l’ex ministro – legato non a prospettive politiche, ma alle aspirazioni, preoccupazioni e agli interessi del presidente del Consiglio.

Se va avanti, ci troveremo di fronte a una barricata che cerca di resistere a tutto. In democrazia, questo è legittimo, ma se lo si fa per risolvere i propri problemi e per governare a ogni costo, allora diventa un danno per il paese. Se è così, c’è da augurarsi che duri il meno possibile”.

No. No. No. Una lunga sfilza di rifiuti, rispetto ai fiumi di parole sulla situazione nazionale, alla richiesta di dare un giudizio sulle amministrazioni comunale e provinciale e sulla irrisolta questione del presidente del Pd.

Fioroni sembra distante dalla sua terra. “Io non so nulla della politica viterbese – conclude -. Lascio dire tutto a chi se ne occupa. Posso benissimo parlare della manifestazione di Milano da cui sono appena rientrato, ma per il resto non so dire niente”.

14 febbraio, 2011 - 16.56