Dati Istat, divario record tra inflazione e salari
- I dati Istat di marzo registrano un divario tra il livello d’inflazione (+3,3%) e le retribuzioni contrattuali orarie (+1,2%) che conta i 2,1 punti percentuali. Il margine più critico dall’agosto 1995, che contava 2,4 punti percentuali.
E’ la conferma di quanto dice la Cgil – commenta Il leader del sindacato Susanna Camusso – la condizione di reddito dei lavoratori continua a peggiorare. I lavoratori pubblici – continua – sono al quarto anno di blocco contrattuale mentre i contratti del lavoro privato si rinnovano con grande difficoltà”.
Il rapporto Istat metterebbe in evidenzia il problema del rinnovo contrattuale: 1 lavoratore su 3 ne sarebbe in attesa. Dal rapporto si conterebbero 36 attese di rinnovo contrattuali, tra cui 16 nella pubblica amministrazione (4,3 milioni di dipendenti, di cui circa 3 milione nel pubblico impiego), il che ammonta a circa il 32,6% della forza lavoro totale.
Un rallentamento dei salari (in crescita dell’1,2%) tanto marcato non veniva registrato dal 1983, agli albori delle serie storiche ricostruite dall’Istat, inoltre, nel primo trimestre se ne registra una crescita dell’1,3% rispetto al medesimo periodo del 2011.
Si registra nel dettaglio un incremento del 1,7% per i dipendenti nel settore privato, ed una variazione minima per quello pubblico. A tal proposito interviene il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. ”I salari fermi – spiega – sono lo specchio della situazione del Paese. Se non si abbassa la pressione fiscale non si potranno alzare gli stipendi e risollevare i consumi”. Variazioni presso a poco nulle giungono dal settore dell’agricoltura, assicurativo, della pubblica amministrazione e di credito. L’industria invece registra degli incrementi tendenziali in diversi settori: del 2,9% per quello tessile, abbigliamento e lavorazione delle pelli; del 2,7% in tutti i comparti di gomma, chimiche, plastica, lavorazioni minerali non metalliferi e telecomunicazioni.