Invia questo articolo Stampa questo articolo
Condividi: Queste icone linkano i siti di social bookmarking sui quali i lettori possono condividere e trovare nuove pagine web.
  • Webnews
  • Digg
  • del.icio.us
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • LinkedIn
  • Live-MSN
  • MySpace
  • OKnotizie
  • Technorati
  • YahooMyWeb
  • TwitThis
Cronaca - Prime istanze-pilota anche per Mammagialla - Un detenuto: Cella stretta e niente acqua potabile

Carcere inumano, corsa alle richieste di sconto di pena

Mammagialla

Viterbo – (s.m.) – Anche a Viterbo è corsa alle richieste di sconto di pena.

Con il decreto Carceri, diventato legge da fine agosto, i detenuti in condizioni inumane possono chiedere una riduzione della condanna o un risarcimento di 8 euro al giorno.

E’ la risposta del governo Renzi alla condanna dell’Italia per aver violato la Convenzione sui diritti dell’uomo, in materia di sovraffollamento delle carceri, vivibilità delle celle e trattamento dei detenuti. Che non se lo sono fatto ripetere.

Quelli di questi giorni sono i primi ricorsi che arrivano sul tavolo del giudice di sorveglianza. Le istanze-pilota partono anche da Viterbo.

Ieri mattina erano una decina i detenuti comparsi davanti al tribunale di sorveglianza anche per questo motivo. In molti, a Viterbo come altrove, avrebbero già iniziato ad avanzare ricorsi per lo stato degradante di detenzione. I motivi, nella recentissima casistica nazionale, variano dalle celle di pochi metri quadrati, all’assenza di acqua calda o potabile. Fino ai servizi igienici della cella, tutt’altro che a prova di privacy.

E’ il caso di un 26enne romano, già detenuto per rapina nel carcere di Rebibbia e recluso a Mammagialla da marzo. Ieri mattina, tramite il suo avvocato Giovanni Arona, ha presentato il conto della sua detenzione inumana alla dottoressa Carpitella, giudice del tribunale di sorveglianza di Viterbo. Con un’istanza cumulativa sia sul penitenziario di Viterbo che su quello romano.

A Mammagialla, il giovane detenuto scrive di scontare la sua pena in una cella di 10 metri quadrati che dovrebbe ospitare solo un detenuto, invece la dividono in due. Il 26enne mette in conto anche la “mancanza di acqua potabile e ogni tot litri essa finisce e bisogna attendere alcune ore prima che torni”.

A Rebibbia, ancora peggio. In due anni di reclusione, prima di arrivare a Viterbo, il 26enne ha diviso con altri 6 detenuti una cella da 19-20 metri quadrati. La sua istanza racconta di un “bagno senza porta, solo suddiviso da due bandoni di metallo con apertura in alto di 20 centimetri, così da non avere momenti privati per svolgere i bisogni giornalieri”. Al nuovo complesso, oltre ai problemi di metratura delle celle, “i riscaldamenti non funzionano, le finestre specialmente d’inverno non sono funzionanti e quindi chi ha la branda vicino, si riempie di aria gelida”. Per finire con le docce della sezione, “disastrate” e senza acqua calda.

A conti fatti, la nuova legge poteva permettergli di uscire due mesi prima, il 23 agosto invece del 23 ottobre, prevedendo un abbuono di pena di un giorno ogni dieci scontati in condizioni di degrado. Ma il 23 agosto è passato da un pezzo. L’udienza al tribunale di sorveglianza è stata aggiornata a metà ottobre, in attesa di ricevere  documentazione dal carcere. Per il ragazzo, forse, arriverà prima il fine pena che i benefici della nuova legge.

12 settembre, 2014 - 9.05