Marco, la favola di un ragazzo normale
Lacrime, gioia, speranze, brividi. Tutto in una sola sera.
E’ il regalo di Marco Mengoni ai suoi fan ronciglionesi, che anche questa volta non lo hanno tradito.
Com’era successo per il primo concerto di Marco, lo scorso 27 novembre, un fiume di compaesani del cantante di Ronciglione ha riempito la discoteca Due Cigni, dov’era stato organizzato un maxi raduno per seguire la finale di X-Factor.
Erano più di mille, anche stavolta. Adulti e bambini. Alcuni con le t-shirt del fan club, altri senza. Ma tutti con la stessa voglia di realizzare il sogno di Marco che, nel frattempo, era diventato anche il loro.
Alla fine ce l’hanno fatta. Con Marco. E quando Francesco Facchinetti ha aperto la busta con il nome del vincitore e gridato a squarciagola il suo nome, l’entusiasmo è esploso incontenibile. Niente ha potuto fermarlo.
Per Marco, Ronciglione ha improvvisato un altro carnevale, con in pista la musica brasiliana e il sartarello. Poi la festa si è spostata in piazza, dove il rumore dei clacson si è sentito fino al mattino. Alle prime luci dell’alba le macchine con i poster di Marco sui finestrini sfrecciavano ancora in piazza della Nave.
Una vittoria, quella di Marco, che non ha stupito più di tanto. Per molti era un fatto annunciato. Talmente scontato da far temere la famiglia del cantante che una tale certezza sarebbe stata come un boomerang: avrebbe finito per impigrire il pubblico, convincendolo che votare per Marco non avrebbe più fatto la differenza: avrebbe trionfato comunque.
E invece i telespettatori di Rai2 non si sono lasciati incantare e hanno continuato, instancabili, a inviare sms. Perché la prudenza non è mai troppa. E perché andava data una spintarella al destino per farlo andare nella direzione giusta.
Quella di Marco, del resto, non è soltanto una bella voce, ma è anche e soprattutto una bella storia. La favola di un ragazzo normale, nel quale, per i giovani di Ronciglione, è impossibile non immedesimarsi. Tutti loro sono Marco Mengoni.
Nato qui e cresciuto qui, in provincia, lontano dai fermenti e dalle possibilità della città, Marco è un ventenne come tanti, che raggiunge il successo senza raccomandazioni, né trucchi, ma solo con la forza del talento e di una passione fulminante per la musica.
La eredita dalla mamma Nadia, Marco, ma la scopre soltanto nell’adolescenza avanzata. In poco tempo, ne fa una ragione di vita. Gli bastano sei anni per iniziare a “cantare come e meglio di Prince”. Testuali parole di Fiorello.
E pensare che l’avventura al talent show era iniziata col piede sbagliato. Morgan aveva creduto che fosse spocchioso e narciso. Lo aveva tenuto sulle spine fino all’ultimo e quando poi, a settembre lo prese con sé nella sua squadra, gli disse che “per lui era un sì, anche se non lo meritava”.
Pazienza. Marco avrebbe avuto modo di provare il contrario. Che se c’era uno che meritava quel posto a X-Factor, quello era lui.
Ne ha dato dimostrazioni continue, durante tutto il suo percorso televisivo. Un percorso sempre in ascesa, ma mai in salita. In 13 puntate il ballottaggio non lo ha mai neppure sfiorato da lontano. Mentre i suoi amici, uno dopo l’altro, perdevano quota, lui volava sempre più in alto. E non solo metaforicamente.
Ha cantato su un’altalena, sospeso a due metri d’altezza. E in tutte le altre condizioni possibili: sui pattini, sdraiato sul palco e su un divano, davanti allo specchio, avvinghiato a ballerine conturbanti e seminude di fronte alle quali chiunque avrebbe perso la concentrazione. Ma Marco no. “Marco… è Marco”, come ha detto, tra le lacrime, la cugina Iaia, durante l’incursione della Rai in casa del cantante ronciglionese.
Di lui è piaciuto tutto. Dalla voce alla sensibilità. Dalla determinazione alla timidezza. Ma soprattutto la versatilità. Il fatto di essere un “camaleonte musicale”. Una dote unica, che gli ha permesso di vestire i panni del pierrot (Ashes to ashes) come del dandy (My baby just cares for me). O di imporsi sia come elegante interprete di ballate (Senza fine, Il nostro concerto), sia come cantante pop e rock (Billie Jean, Helter Skelter, Back in black). Il risultato era sempre di livello.
Alla fine, quindi, tutto è andato come doveva andare. Marco si è preso quel che gli spettava. Un contratto discografico da 300mila euro con la più grande casa di produzione attuale, la Sony. La partecipazione a Sanremo 2010, insieme ai grandi della musica italiana, molti dei quali lo amano già. La stima del suo paese e di mezza Italia. Ed è solo l’inizio. Il bello deve ancora venire.
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